Nella presentazione del nuovo album Il mestiere della vita, è lo stesso cantautore a dirlo: questo è un disco urban. Tiziano Ferro a cinque anni dall’ultimo disco di inediti L’amore è una cosa semplice (se si esclude la raccolta di due anni fa) torna con un disco più sereno, perché fresco e sincero. Ma non credete a quello che vi raccontano in giro: il tormento c’è sempre ed è nei testi, l’arma non segreta dell’artista, che si può permettere un’apertura dinamica di opera come Epic, ma poi tira sempre l’ascoltatore in un vortice di intelligente autocoscienza, come in “Solo” è solo una parola e Casa è vuota. “Ci sono delle canzoni scritte di getto e con rabbia – ha detto alla presentazione milanese del disco, nel ristorante di Carlo Cracco che era un’ex segheria, tutto addobbato con le sue gigantografie – ma la mia è costruttiva, non è mai rancore. Quando facevo i test con gli amici non dicevo mai che queste nuove canzoni erano per il mio disco. Li preparavo all’ascolto dicendo: questa non la incido, la darò a un diciottenne. Poi erano loro a dirmi, sai che non starebbe male in un tuo disco. Alla fine il non essere diretto nelle canzoni con me non ha mai funzionato, non posso nascondermi dietro a parole che non sento”.
Da qui si deduce che c’è molta verità nei 13 pezzi che sentirete da oggi in poi nel nuovo disco, che esce in 4 formati diversi, compreso un box in esclusiva da Mediaworld con finanche una cassetta che la Universal ci tiene a precisare “è perfettamente funzionante”.
È anche un disco dove Tiziano Ferro riprende il discorso famiglia: “Credo sia stato mio padre a dirmi per primo che in alcune fasi questo è il disco che più assomiglia ai miei primi due. L’ho registrato a Los Angeles, una città che finalmente ho imparato ad amare, tanto che ci ho preso casa. Dire che è la fine di un capitolo e l’inizio di un altro sembra una negazione che in effetti non c’è. Però a un certo punto bisogna tracciare una linea, è importante anche per chi ascolta. Detto questo, non amo spiegare le canzoni, megli sentirle. Ascoltate la strofa di Tormento in My Steelo, è commovente. Lui è il vero soul man italiano, spesso ce lo dimentichiamo”.
È proprio qui che Tiziano va alle origini, quando nel 1999 era in tour con il padre dell’hip hop italiano, prima di spiccare il volo da solo. Cosa ricorda di quel periodo? “Non contavo niente, ero un ragazzino, mi confortava solo il fatto che mi dicessero che cantavo bene ma ero molto insicuro”.
L’altro featuring del disco è con Carmen Consoli nel pezzo Il Conforto: “Il passaggio più importante del mio prossimo capitolo. Siamo persone simili io e Carmen, me ne sono accorto quando al concerto al Forum introducendo la canzone che abbiamo scritto assieme nel 2010 lo ha detto al pubblico. Quando poi ho deciso di incidere questa l’ho chiamata e finalmente è nata una collaborazione che aspettavo da tempo. Io la seguo da quel Sanremo Giovani di Quello Che Sento, avevo comprato il suo singolo. E ho sempre pensato che fosse lei in Italia l’erede di Mina, ovviamente con voce diversa. Ma è un canto istintivo il suo, ed è anche molto schiva, quasi più di me”.
Ora che si prepara ai concerti negli stadi nel 2017, Ferro non ha più paura come il debutto nei grandi spazi dell’ultimo tour: “Da fan dei concerti vi dico che è sempre la musica a dover essere centrale nello spettacolo dal vivo. Il ruolo di questi eventi è il divertimento e la condivisione. Sarà divertente tornare in tour e sarà sicuramente un ripercorrere il passato con le nuove canzoni accanto. Non capisco l’autolesionismo dei miei colleghi che non fanno i grandi successi dal vivo, o li relegano in medley”.
Christian D'Antonio (Salerno, 1974) osserva, scrive e fotografa dal 2000. Laureato in Scienze Politiche, è giornalista professionista dal 2004. Redattore di RioCarnival. Attualmente lavora nella redazione di JobMilano e collabora con Freequency.it Ha lavorato per Panorama Economy, Grazia e Tu (Mondadori), Metro (freepress) e Classix (Coniglio Ed.)