Si è chiamati a incontrare Paul Weller, mitico leader di Style Council e Jam negli anni della grande discografia, e istintivamente si pensa al passato, alle glorie e ai gloriosi fasti della musica inglese di un tempo. E lui non si sottrae: “Sono in debito con i Beatles ovviamente – puntualizza cercando di spiegare le influenze del suo nuovo album, Saturns Pattern – perché loro ci hanno mostrato la strada, facendo in breve tempo tanti dischi diversi. Non c’erano davvero altre band all’epoca e loro hanno guidato i tempi. O forse anche riflettuto i tempi, che è la vera forza degli artisti”. E lui si pone questo obiettivo, quando torna per l’ennesima volta in sala d’incisione? “In verità spero di riflettere i tempi, l’arte deve parlare alle persone principalmente quando vivono delle cose. Perché la gente vuole avere conferma dall’arte, se c’è una cosa che si evidenzia nella vita, il sentirla da parte dell’artista ha un valore, una certezza in più. Detto questo però non voglio solo cantare del mondo di oggi, anzi, non lo voglio proprio considerare. La Terra è deprimente, io volevo fare un disco con positività”.
Infatti il mitico Weller l’anno scorso è tornato nel suo studio/rifugio, il Black Barn Studio nella campagna del Surrey, per lavorare su Saturns Pattern, il seguito di Sonik Kicks del 2012. Lavorando fianco a fianco con il suo solito ingegnere del suono Jan “Stan” Kybert sulla poltrona del produttore per la prima volta, e con il fidato Charles Rees a portata di mano, aveva in mente un album molto diverso. Voleva qualcosa con un po’ di swing e di spaziale al tempo stesso. Oltre a Paul Weller e a Jan Kybert, in quasi tutte le canzoni c’è anche il batterista Ben Gordelier – del gruppo The Moons e con il quale Paul suona regolarmente in tour. Weller ha suonato anche un sacco di altri strumenti, ma ha arricchito l’album di ulteriori ombre e colori grazie ad ospiti come Andy Crofts (anche lui dei Moons), che compare un po’ dappertutto, il chitarrista Steve Cradock e il vecchio compagno di scuola e chitarrista Steve Brookes, con cui Weller ha formato inizialmente i Jam. E ancora altri tra cui il chitarrista Josh McClorey del gruppo irlandese R&B, The Strypes. “Sono questi i musicisti che ammiro – dice orgoglioso – e sono anche convinto che siano quelli migliori che abbia avuto per permettermi di fare un buon bilanciamento dal vivo di cose vecchie e nuove. Le canzoni del disco le abbiamo già suonate accostandole al repertorio e sono davvero belle così”.
Non apprezza molto di quello che c’è in classifica in questo momento, Paul, che ne ha viste tante nei suoi 57 anni. Glissa semplicemente a domande relative ai suoi giovani colleghi. Ma su Ed Sheeran non si ferma: “Come si fa a credere a quello che scrive? Non riesco proprio…sono sicuro che ci sono dei talentuosi autori, ma non voglio prendermela con lui, forse se avessi 17 anni lo riterrei valido”. E non dice nemmeno con chi vorrebbe collaborare (“Se mi viene in mente ve lo rivelo dopo”) anche se ammette di avere un debole per gli scozzesi Young Fathers.
Ma una parola buona ce l’ha almeno per i suoi contemporanei che si vedono nell’eterno video di Band Aid a ogni Natale negli ultimi 30 anni? “C’era molto ego in quella stanza, è stata una rappresentazione grande della musica inglese, anche se io me ne sentivo molto distante. Di tutti quelli che si vedono in quelle immagini ho parlato con Gary Kemp l’anno scorso e basta”.