C’è anche un riferimento a quanto è cambiata la musica e la sua fruizione, nelle parole di Max Pezzali che abbiamo incontrato in occasione del lancio del suo nuovo disco. Un ricordo di quando a informarsi sulla musica c’erano le fanzine e le radio underground. Quella del suo nuovo album è un’operazione che sicuramente ha a che fare col tempo che passa, ma che per Pezzali è sempre clemente. Le sue canzoni sono rimaste nell’immaginario collettivo e continuano a essere presenti nelle playlist di radio e iPhone. Le Canzoni alla Radio è un doppio disco di 30 successi più sette inediti, compreso quello che dà il titolo all’album con l’inconfondibile tocco di chitarra di Nile Rodgers.
C’è anche un remix di un pezzo dimenticato che vi invitiamo a scoprire. Ma sentite cosa ci ha detto Max sul cambiamento del business musicale: “Anche io come gli utenti di musica sono cambiato: uso lo streaming, mi piace l’opera omnia in cd e vinile ma Spotify e Apple Music sono comodi, anche se diversi. Hai a disposizione tutto, te lo senti in macchina, puoi seguire playlist, è una fruizione ampia, una quantità enorme, a volte però l’eccesso di offerta ti disamora un po’. Passo dei lunghi periodi in cui non mi interessa, ce n’è troppa di musica. La radio era il mio principale veicolo di intrattenimento musicale. Era la vetrina per farmi comprare, oggi non è più così. Da ascoltatore ero appassionato di generi underground, c’erano le fanzine, i negozi di importazioni, rari numeri di riviste straniere, l’oracolo amico che dispensava consigli. La radio mi ha avvicinato al pop, mi ha fatto fare il salto dal post-punk al pop. Oggi la radio non è l’unico soggetto nel business, ma ha ancora fascino. Perché c’è qualcuno che trasmette e sceglie per me e la fa sentire a tante persone. Mi dà ancora un brivido particolare perché la scelta la fa qualcun altro e in quel momento un pubblico vasto ascolta quello che senti tu. Tutti gli appassionati di musica sono un po’ compulsivi. E l’ipertestualità ti toglie il sonno, butti via le nottate a cercare biografie, video, esibizioni, ma parti con una ricerca, ti immergi e ti perdi, non basta un solo cervello. Ancora oggi c’è bisogno di qualcuno che ti seleziona le cose.”
E sul ruolo di cantante “contemporaneo” ha una posizione molto precisa:
“È difficile considerarlo perché deve fare i conti con pubblico e mercato che cambia, deve diventare comunicatore. Prima erano altre figure a farlo, oggi l’artista deve essere in grado di gestire i propri media, tenere occhio su tutto quello che succede, YouTube e Instagram stories, cose da imprenditore di se stesso. Ma quelli della mia generazione non sono tanto abituati a farlo. Eppure il pubblico si aspetta di avere una presenza costante dell’artista. E lo stesso pubblico consuma velocemente e cambia opinione, si disamora ed è una rincorsa tra artista e pubblico. I contenuti di livello sono difficili da confezionare, quantità e qualità son difficili da conciliare e rischi di bruciarti. Il pubblico è molto più vorace e compulsivo di prima, si stufa rapidamente, deve succedere qualcosa entro i primi 8 secondi, non c’è tempo per approfondire. Il consumo di messaggi è veloce, me ne rendo conto anche io, hai vissuto per una cosa per tre giorni fino a morirne e poi te la getti alle spalle. Ma il processo di produzione ha la stessa velocità di prima, non posso vivere quattro vite, ne ho una e le emozioni hanno i tempi prima”.
Max sarà in tour dal 20 gennaio con il trio Max, Nek e Renga. Un successo in divenire, che sta moltiplicando le date sold out. Unica sosta nella settimana di Sanremo. Cosa vorrà dire? “Sicuramente non in gara – scherza lui – perché se avessimo fatto un pezzo inedito si saprebbe”.
Christian D’Antonio