Tutti ci ricordiamo quello straordinario esordio dei Mattafix, Big City Life. Nel pieno del decennio scorso, la loro armonia di reggae, rap e melodie vintage aveva dato del filo da torcere al new urban americano di Timbaland e soci. E invece loro, capitanati da Marlon Roudette, erano inglesi fino all’osso, per attitudine e gusto musicale orientato al black ma con un piede nel futuro. Electric Soul, il secondo album solista di Roudette, mantiene queste caratteristiche di intenti, ma è sicuramente un’altra cosa. Perché dentro il cantante ci ha messo la sua anima, la sua vita e, a quanto ci ha detto lanciando il disco in Italia, anche le sue insicurezze: “Non ho mai avuto un training da cantante e quindi queste insicurezze vengono a galla ogni tanto. Però credo di essere nel momento più alto della mia carriera. Ho avuto alti e bassi, dal gruppo che si è fatto conoscere a livello globale, al suo scioglimento. Penso di aver imparato più dalle disfatte che dai successi”. E oggi, per sua stessa ammissione, nel disco che lo rappresenta maggiormente (anche nel titolo, che unisce due sue passioni) è molto più a suo agio “a cantare melodie e toni che all’inizio della mia carriera sarebbero stati inarrivabili”.
In verità tutto l’album si regge sulla “voglia di progredire verso una musica pop di ampio respiro, fatta con piano e voce nel modo classico…e poi sull’origine del mio avvicinamento a questo mondo, che è il beat e l’amore per quello che è black music. In questo sono l’angelo e il diavolo del pop, tutto insieme in una sola proposta”.
In passato, ammette, non ha sempre trovato il giusto bilanciamento tra pancia e cuore. Non che abbia fatto uno studio disciplinato su se stesso. Marlon dice che è la vita ad averlo disciplinato: “Ora vale molto di più una serata in casa al piano con una grappa che un vortice di giornate passate in strada a vivere al massimo, come ho fatto all’inizio”. Roudette, che è di origine caraibica, ha avuto un figlio ed è cambiato, come succede a chi ha successo in giovane età ed è costretto a crescere in pubblico.
Dopo l’esperienza dei Mattafix aveva avuto un incredibile riscontro in Europa con il singolo New Age, nel 2011. Ora anche in Italia è piazzato benissimo con il nuovo singolo “When The Beat Drops Out”, una canzone che definisce “il mio primo successo veloce e “uptempo”, perché nemmeno con i Mattafix ero riuscito a fare cose così allegre”. La canzone si apre con il suono di uno strumento che è un omaggio alle origini caraibiche del cantante, lo steeldrum. Un punto distintivo che è usato nel disco (prodotto da Tim Bran e Roy Kerr, responsabili della hit dei London Grammar “If You Wait”) e che gli conferisce omogeneità e focus.
In attesa del tour europeo che parte a febbraio 2015, ecco i siti di Marlon Roudette.
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CHRISTIAN D’ANTONIO