Un groove percussivo di tamburi a cornice che sembra arrivare dall’elettronica di una drum machine. E’ Lecce che incontra New York, in una splendida fusione di stili e influenze in cui gli strumenti della tradizione salentina si prestano a un sound più moderno e contemporaneo, tra incursioni dichitarra elettrica e synth bass.
E’ l’anima cosmopolita di “Canzoniere”, Il nuovo album del Canzoniere Grecanico Salentino, tra i più importanti e riconosciuti gruppi di world music, in uscita il 27 ottobre su etichetta Ponderosa e presentato in un tour internazionale al via da Lecce il 16 e 17 novembre.
CGS volerà poi a Parigi (29 novembre), atterrerà a Berlino (30 novembre), e proseguirà in concerto a Firenze (1 dicembre), Mestre (2 dicembre), Roma (3 dicembre), fino all’Estonia (a Tallin il 5 dicembre, a Pärnu il 6, Jõhvi il 7 e Tartu l’8). Dal 9 dicembre si riparte da Bruxelles, il 10 a Milano per arrivare il 15 a Londra.
A quarantadue anni di distanza dalla sua fondazione e a due dall’ultimo album “Quaranta”, arriva un disco innovativo e ambizioso, registrato tra Lecce e New York e ricco di prestigiose collaborazioni internazionali. C’è la chitarra inglese di Justin Adams, storico collaboratore di Robert Plant; si riconosce l’inconfondibile voce del cantautore anglo-francese Piers Faccini; e il prezioso tocco classico del violoncello di Marco Decimo, per anni al fianco di Ludovico Einaudi.
Il CGS ci ha sempre abituato a un respiro globale, come dimostrano le entusiastiche recensioni della stampa estera e le partecipazioni ai festival più prestigiosi. Negli ultimi anni sono stati headliner per la world music al WOMAD (in Inghilterra, Australia e Nuova Zelanda); hanno partecipato allo Sziget Festival di Budapest e al Festival Internazionale di jazz Montréal; sono saliti sul palco del Celtic Connections di Glasgow e si sono esibiti allo SXSW Music Festival in Texas. Eppure, questa volta, il salto è nel ritmo, nel sound. Identificabile nel tocco di Joe Mardin, figlio del celebre Arif, produttore dell’Atlantic Records (Norah Jones e Aretha Franklin, per capirci) che firma la produzione del disco; mentre Joe LaPorta, vincitore di un Grammy per “Blackstar” di David Bowie, è l’ingegnere del suono per il mastering.
La copertina dell’album – l’opera d’arte “COCA-COLA, 2015” realizzata dal collettivo artistico Casa a Mare – è una metafora visiva che rappresenta perfettamente questo nuovo spirito. Nella bottiglia di Coca Cola, simbolo del “contenitore” mondo, si riversa una salsa di pomodoro che rimane unica, senza tempo, glocal e profondamente contemporanea, proprio come la musica del CGS.
Nel solco di quella tradizione popolare in cui il canto accompagna costantemente la vita delle persone segnandone i momenti più significativi, l’amore che nasce e che finisce, la vita e la morte, il divino e il quotidiano, oggi il CGS canta il suo Canzoniere: nuovo e travolgente “raccolto di canzoni”. Piantate e coltivate con attenzione e cura, sono state scelte solo dopo essere cresciute e maturate (l’album ha avuto un tempo di lavorazione di due anni).
Mauro Durante – leader della formazione dal 2007 – inizia a New York sessioni di scrittura e composizione che definisce “una sfida avvincente”, e “incredibilmente stimolante”.
Lavora in “Moi” con il piano e l’estro del danese Rasmus Bille Bähncke, produttore e compositore per Sting e Blue; in “Ientu” c’è la scrittura e il suono di Michael Leonhart (collabora tra gli altri con Bruno Mars, James Brown, e Lenny Kravitz); scrive le musiche di “Con le mie mani” con Steve Skinner (Diana Ross e Celine Dion); mentre con Scott Jacoby (produttore e compositore per Coldplay, John Legend, e Vampire Weekend) realizza “Lu giustacofane”.
Quando torna a casa i suoi eccezionali compagni di sempre fanno il resto. Alessia Tondo con la sua voce e le castagnette; Emanuele Licci con la voce, la chitarra e il bouzouki; Giulio Bianco con la zampogna, il basso, l’armonica, i flauti e i fiati popolari; Massimiliano Morabito suona l’organetto; Giancarlo Paglialunga è voce e tamburello e Silvia Perrone si prepara alla danza. Joe Mardin, che nel 2016 vola a Lecce, chiude le registrazioni dopo diverse sessioni con il gruppo al completo, e aggiunge il tocco finale come ingegnere del suono.
Il risultato, o il raccolto che dir si voglia, sono undici brani originali e uno tradizionale (“Pizzica de Sira”) dove il dialetto salentino incontra cori stratificati e melodie eteree; la pizzica si fonde con il pop anthemico; ritmi sincopati e field recordings si sposano alla perfezione con i ritornelli tipici della forma canzone.
Le calde ballate d’amore di “Tienime” e “Sempre cu mie” si affiancano così al violino rapsodico di “Intra la danza” e al travolgente “Moi”, dove gli strumenti classici del Salento si affiancano al pianoforte e gli strumenti elettronici.
In Canzoniere si sente l’urgenza di ritrovare la calma come in “Ientu”, ode al valore del silenzio e del respiro. Soprattutto, il bisogno di difendere la propria identità, come in “La ballata degli specchi”, in un mondo sempre più veloce e complesso, così ben descritto nel loop ossessivo di “Quannu te visciu”, che apre l’album. C’è la ferma volontà di custodire e proteggere la propria comunità dagli attacchi che sferra la vita, come incita “Lu giustacofane”, primo video dell’album, abbiano questi la violenza della Xylella che continua a sterminare gli ulivi, o la spregiudicatezza degli interessi economici della TAP (Gasdotto Trans-Adriatico) che vuole approdare sulle coste del Salento.
Temi che – anziché svilupparsi nella paura e nella chiusura in sé stessi – guardano al mondo esterno con fiducia, aprendosi con curiosità e interesse all’altro e alle diverse culture.
Così il potente groove percussivo di “Con le mie mani” sprona a credere in noi stessi; mentre “Subbra Sutta”, in cui la voce di Emanuele Licci incrocia l’inglese di Piers Faccini, è un invito multilingue a vivere la vita con pienezza e senza timore. Ci sono le influenze dell’Occidente e dell’Oriente, fino ad arrivare all’antico rituale greco dell’altalena – “Aiora” in Griko – una pizzica dai colori scuri in cui organetto, violino e bouzouki si confrontano con il violoncello di Marco Decimo e la chitarra elettrica di Justin Adams.
Il cuore del CGS rimane ancorato ai suoi ulivi secolari e alla sua tradizione di terra di mare. Ma sfrutta al massimo quella sua naturale tendenza a sintetizzare culture diverse per trascinare l’ascoltatore in una dimensione più attuale e globale.